Chi è il più noto alchimista del ‘600 e per quale motivo?

L’alchimia, scienza originiara del mondo arabo e praticata durante il Rinascita, era lo studio della natura e delle sue trasformazioni. Scopo che si prefiggeva ogni alchimista, era quello di riuscire ad ottenere la Pietra Filosofale, che poteva trasformare il piombo in oro e si conferire una lunga vita. Diversi inventori, ingegneri, architetti e studioso del calibro di Leonardo da Vinci o Ruggero Bacone, si dedicarono a quest’arte, che nel corso dei secoli si espresse in materie come la chimica e la fisica. Ma chi è stato, il più noto alchimista del Seicento?

Il procedimento alchemico

Molti avranno sentito parlare di alchimia leggendo libri fantasy, in particolare il primo della saga di Harry Potter, dove si accennava anche ad un alchimista famoso, Nicolas Flamel (che viene nominato diverse volte ma non compare mai di persona), ma non tutti sanno veramente che cos’è l’alchimia.

L’alchimia, era una scienza che consisteva nell’attivare un processo che aveva il compito di trasformare una sostanza o materia prima, come il piombo, nella Pietra Filosofale. Per questo scopo, il procedimento doveva basarsi sull’armonizzare la giusta combinazione di una serie di fattori, e tra questi c’è la predisposizione mentale dell’alchimista, la coordinazione degli eventi, ed il tipo di materiale e strumenti usati.

La materia prima  era sottoposta a un trattamento chimico, come la distillazione o il calore, fino a che esso non raggiunge la perfezione. Il sale, il mercurio e lo zolfo, secondo l’alchimia, sono, rispettivamente, il corpo, l’anima o lo spirito della materia. A differenza della chimica vera e propria, l’alchimia si concentra da due fattori: la coordinazione delle operazione basata su delle armonia con le configurazioni astrologiche e una costante reiterazione di alcuni fasi del processo.

Il più famoso alchimista del XVII secolo

L’alchimia è una scienza che risale, secondo alcuni, già dall’antico Egitto, ma la sua origine cronologica risale dal II o III secolo d.C., e sono diversi i personaggi noti che si sono dedicati ad essa.

Nel Seicento, la scienza alchemica cominciava a prendere nuove forme, allontanandosi da quelle più “esoteriche” dei secoli precedenti. Uno dei più noti, nonché degli ultimi, a praticare questa scienza fu Roberto Boyle (1627-1691), che si era allontanato dall’antico modo di operare, optando per un metodo più franco ed aperto.

Boyle credeva di essere riuscito a produrre il mercurio filosofale, ed in seguito scrisse Lo scettro chimico, in cui attacava quella concezione classica della costituzione della materia nei quattro elementi e sostituì la definizione che si dava ad un elemento come ciò che non si poteva dividere a sua volta in altre sostanze.

Grazie al suo lavoro e a quello di Newton, la chimica ricevette in eredità dell’alchimia le conoscenze accumulate grazie alle attrezzature nei laboratori alchemici e ai vari processi, come la coagulazione, la distillazione e la sublimazione. Più che scopi scientifici, l’alchimia si prefiggeva di comprendere elementi di tipo religiosoe con Boyle questa concezione cambio. Ciò non toglie che Boyle dedicò diverso tempo anche alla teologia, ma lui vedeva Dio sia come un Creatore che come un progettista, e che delle rivelazioni divine si potevano trovare nella Sacra Bibbia, e promosse la diffusione del Credo cristiano anche in Oriente.

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