Sensibilità al glutine: come riconoscerla? Quali esami clinici eseguire?

La sensibilità al glutine non è sinonimo di celiachia, anche se l’assunzione di glutine provoca gonfiori, pesantezza allo stomaco, dolori alle articolazioni e stanchezza, e ci si sente meglio dopo aver eliminato questa sostanza dalla propria dieta. Ma qual’è la vera differenza tra la celiachia e le intolleranza al glutine? Quali fattori bisogna considerare?

Quali sono i sintomi e le differenze con l’intolleranza

La vera differenza tra la sensibilità e l’intolleranza al glutine, è che per quest’ultima è permanente, in quanto ha una base autoimmune. In poche parole, il sistema immunitario dell’organismo riconosce il glutine come una sostanza anomala ed arriva ad attaccarla con degli anticorpi. Il risultato di quest’azione è un’infiammazione della mucosa dell’intestino e la distruzione dei suoi villi, che permettono l’assorbimento dei cibi.

I sintomi della sensibilità al glutine, invece, riguardando:

  • disturbi dell’apparato gastrointestinale, come meteorismo, gonfiori addominali, pesantezza di stomaco, etc;
  • sintomi non specifici, che non riguardano l’intestino, come stanchezza, mal di testa, calo o aumento di peso, nervosismo, eritemi cutanei, dermatiti, problemi del sonno, etc.

Le cause vere e proprie di questa sensibilità non sono del tutto certe (è stata diagnosticata solo nel 2010), ma si può dedurne che alla base del problema ci sia una disbiosi intestinale, ovvero un’alterazione dei batteri che popolano l’intestino e che svolgono una funzione essenziale per la digestione di alcuni alimenti. Oppure, la colpa è di alcuni enzimi, che non funzionano correttamente. Rispetto alla celiachia, la sensibilità ha un legame meno forte con la genetica, anche se può esserci, ugualmente, una predisposizione.

Come riconoscerla e curarla

A differenza della celiachia, questa sensibilità al glutine non si può diagnosticare con esami specifici, ma per esclusione, soprattutto se i sintomi non solo legati ad altre patologie specifiche.

Per curarla, il modo migliore è optare per una dieta free glutine, per almeno un mese, eliminando alimenti a base di frumento, farro, orzo, kamut. E’ bene, quindi, fare attenzione anche a prodotti che possono contenere tracce di cereali, salse ed altri alimenti con il glutine. Per fortuna, nei supermercati ben forniti e nelle farmacie non mancano prodotti alternativi, che si contraddistinguono con un’icona che riporta una spiga sbarrata, che indica l’assenza di glutine.

Se nel giro di un mese o sei settimane, i sintomi migliorare di circa il 30%, ciò significa che i problemi di digestione erano propri legati alla sensibilità al glutine e si dovrà continuare a seguire una dieta povera di questa sostanza. Dopo un po’ di tempo, si potrà ricominciare gradualmente ad introdurre di nuovo questo complesso proteico.

Tuttavia, ogni soggetto è diverso, e i tempi per “guarire” possono essere più lunghi (difficilmente più brevi di un mese), e si dovrà comunque continuare a fare attenzione, perché la sensibilità potrebbe anche ricomparire. Non si deve dimenticare che il glutine è e rimane una sostanza poco digeribile, introdotta, in termini di tappe di evoluzione, da poco tempo nella dieta dell’uomo.

Negli ultimi tempi, è stato introdotto anche un integratore che contiene un’enzima capace di degradare la gliadina, che spesso non funziona bene, nelle persone che hanno una scarsa tolleranza al glutine. Questo integratore, può aiutare a scomporre e metabolizzare meglio il glutine, rendendolo così più tollerabile. Generalmente, se ne consiglia l’assunzione prima dei pasti (una o due capsule), ma è bene comunque sentire il parare del medico.

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