Dipinse La grande odalisca: ecco chi era Jean-Auguste-Dominique Ingres

Tra i maggiori esponenti della pittura romantica vi è Jean-Auguste-Dominique Ingres, le cui opere più note sono di sicuro Napoleone I sul trono imperiale e Giove e Teti (ed in entrambi i quadri i due sovrani hanno la stessa posizione). Un suo dipinto meno noto è La grande odalisca. Ma cosa si sa di questo quadro? E della vita e carriera del pittore francese?

La sua biografia

Ingres nacque a Montauban il 29 agosto 1780, primo dei setti figli di un decoratore e miniatore e di una donna figlia di un parrucchiere. La sua formazione artistica avvenne prima sotto la guida del padre ed in seguito ad una scuola d’arte della sua città e poi a quella di Tolosa, dove la famiglia di trasferì. Negli anni della sua formazione, grazie anche all’incontro con il pittore neoclassico Guillaume-Joseph Roques sviluppò un interesse per l’arte di Raffaello.

Nel 1797, terminati gli studi, si trasferì a Parigi, a l seguito di un altro pittore neoclassico, Jacques-Louis David, cominciando ad elaborare le sue prime opere. In seguito andò anche a Roma ed in altre città italiane, per poi tornare di nuovo a Parigi nel 1811. Lì realizzò delle tele su commissione di personaggi importanti, tra cui Carolina Bonaparte, ma i suoi affari non andavano comunque bene. L’unico fatto ad allietare quegli anni fu il suo primo matrimonio. Fu dal 1824 che ebbe un maggiore successo, esponendo al Salon il suo Il voto di Luigi XIII. Riscosse successo poi anche alla corte di Luigi Filippo di Francia, e si risposò una seconda volta. Lui morì di polmonite a Parigi nel 1867.

La grande odalisca

L’opera nota come La grande odalisca venne realizzata da Ingres nel 1814, su ordinazione di Carolina Bonaparte, e raffigurava una donna sdraiata, nuda e di spalle, che volgeva il viso verso lo spettatore, adagiata in modo languido su un letto di stoffa, ed anche il resto dell’ambiente risulta lussuoso, con gioielli ed il ventaglio di piume di pavone. La sua pelle è in risalto in quanto lo sfondo è scuro. E’ chiaro che questo caso rispetti i principi della pittura neoclassica, con le dimensioni del soggetto volutamente sproporzionate. Sicuramente Ingres in questo quadro si rifà all’arte di Raffaello (basta guardare La fornarina), ma non solo: in effetti, la posizione della donna può ricordare la Venere di Urbino di Tiziano, o la Venere Rokeby di Diego Velazquez.

Certo, come ha sottolineato la scrittrice Fatema Mernissi nel suo L’harem e l’occidente, a differenza delle vere odalische, che sembra fossero sempre vestite, quella dipinta da Ingres per via della visione distorta che l’Europa e l’Occidente avevano nei confronti della cultura islamica. Tuttavia, questa figura di dimostra passiva, senza malizia, in una bellezza che non sembra stimolare chi la guarda. Lo stesso si può dire di altri nudi del pittore, come ne La sorgente, in cui il pittore cerca di essere sempre accurato nell’anatomia femminile.

Questo quadro, tuttavia, non fu molto apprezzato, come altre opere del pittore, ma ricevette dei consensi positivi circa dieci anni dopo la sua realizzazione. Oggi è esposto al Museo del Louvre di Parigi.

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