Scrisse Il gatto con gli stivali: ecco chi era Straparola e la sua versione della fiaba

Tutti conoscono la fiaba de Il gatto con gli stivali, ma la versione nota al pubblico di Charles Perrault prende origine da una fiaba simile, scritta dall’italiano Giovanni Francesco Straparola. Ma chi era quest’ultimo? Quali altri opere ha scritto? Qual è la sua versione della fiaba?

L’autore

Giovanni Francesco Straparola era uno scrittore italiano, vissuto il 1480 e il 1577 (o forse più tardi), a Caravaggio, paese che diede i natali anche a Michelangelo Merisi, soprannominato proprio come il nome del suo comune natio. Straparola, tuttavia, non era il vero cognome dell’autore (in realtà era Secchi), e della sua vita non si hanno molte informazioni, se non che, oltre che nel suo paese di origine, abbia vissuto anche a Venezia, per una decina d’anni, tra il 1530 e il 1540.

Fu nel 1508 che pubblico la sua opera Canzoniere, ispirato sicuramente a quello di Petrarca, che raccogliere poesie, sonetti ed pistole d’amore, ma la sua opera più nota è sicuramente Le piacevoli notti, pubblicato a Venezia nel 1550, che comprende 75 storie, novelle o fiabe, e tra questa vi è anche la versione dell’autore de Il gatto con gli stivali. Da questa sua raccolta venne poi tratto un film, suddiviso in tre episodi, uscito nel 1966, diretto da Armando Crispino e Luciano Lucignano, con Vittorio Gassmann, Ugo Tognazzi e Gina Lollobrigida.

Costantino Fortunato

La storia originale del gatto con gli stivali, in realtà, si intitolava Costantino Fortunato, pubblicato nel 1553, nel secondo volume de Le piacevoli notti. La storia narra di Soriana, povera donna boema, che muore lasciando tre figli ed il più giovane è il protagonista della storia, ovvero Costantino. Mentre ai fratelli del giovane, Dusolino e Tesifone, la madre lascia ciò che occorre per fare il pane, il terzogenito eredita la gatta. Anche se quest’ultima non può garantire il pane al padrone, lei comunque si da da fare, catturando una lepre per il re di Boemia, Morando, dicendogli che gli è stata offerta dal suo padrone.

Il re, per omaggiare la gatta, gli regala a sua volta una bisaccia di cibo, che a sua volta viene data a Costantino. In seguito, la gatta ripete lo stesso gesto, celebrando le doti del padrone e un giorno dice al padrone di lavarsi nel fiume, fingendo che gli abiti gli siano stati rubati. La gatta poi avverte il re, che lo manda a salvare e decide di farlo sposare a sua figlia, Elisetta. Costantino e la principessa di sposano, e la gatta, durante il corteo, dice a chiunque incontra che le terre del suo padrone stanno per essere devastate e recluta la gente per salvarle, facendo a credere a tutti che la terra e il castello sono suoi. In realtà, quelle terre appartenevano a un nobile morto in un incidente e che non ha lasciato eredi, e quindi Costantino le può rivendicare. Qualche tempo dopo, il re muore lasciando a Costantino il regno, che lui a sua volta passerà ai figli.

Non è difficile trovare in questa versione della storia punti in comune con la fiaba di Perrault, ed oltre a quest’ultimo, anche un altro autore italiano Giambattista Basile, ne ha tratto una sua versione pubblicata nel 1634, ovvero Cagliuso.

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